Mentre la Germania con l’asta a 5 anni a tassi negativi ad un “rendimento” record del -0,51% si porta a casa un profitto netto di oltre 80 ml di euro (mal contati) è inevitabile riflettere su uno scenario paradossale con i mercati Usa ai massimi e i mercati europei che arrancano nonostante gli ultimi dati PMI abbastanza confortanti.
Il Dow Jones, che soltanto un anno fa è crollato di oltre 1000 punti sul calo del petrolio e le incertezze sulla valuta cinese, ora si trova ad un livello che è il doppio di 5 anni fa. Per molti analisti e gestori, tuttavia, l’indice sembra giunto su una china pericolosa, restando molto vulnerabile di fronte ad una perdita di fiducia degli investitori nei confronti di una Fed in deciso affanno.
Del resto, la confusione impera anche nella peggiore campagna elettorale della storia americana con due candidati che continuano a lottare e a convincere sempre meno l’elettorato decisamente incerto tra i rumours riguardanti la salute e la Fondazione della Clinton e l’arrembaggio di Trump su temi nazionalistici, ivi compreso il sistema monetario, che con la scelta di Shelton come “Economic advisor” pare voler rinvigorire la tesi di un legame all’oro per “ portare l’aggiustamento monetario a correlarsi con le ambizioni commerciali globali degli Usa”.
Intanto mentre l’industria americana dello shale oil sembra dare qualche timido segnale di ripresa nelle perforazioni di nuovi pozzi si attende il meeting OPEC di settembre, ove potrebbe esserci un accordo sul congelamento della produzione, certi che la Nigeria non riuscirà a risolvere l’annoso conflitto sul Delta del Niger e che anche la produzione in Angola, Venezuela e Libia non riprenderà a livelli standard.
Il bilancio tra domanda ed offerta tenuto conto che si avvicina l’inverno e si accumulano le incognite sugli effetti della perturbazione detta Nina propende comunque per un superamento del livello ritenuto adeguato dai sauditi dei 50$/brl.
L’unica vera scommessa vinta per i mercati finanziari, in attesa di Jackson Hole, sembra riguardare i mercati emergenti dove, tranne divise come il rand sudafricano a causa dell’instabilità politica o la lira turca date le prospettive di imminenti tagli ai tassi di interesse e i rischi geopolitici evidenti, i flussi di investimento pervenuti sui fondi azionari ed ETF, Latam e Asia i testa, hanno registrato nella settimana dopo Ferragosto un picco record per l’anno corso mai visto in una singola settimana negli ultimi i tre anni.
Quest’anno l’incontro estivo dei banchieri Centrali sarà incentrato sul tema della stagnazione secolare e sull’opportunità di ravvivare le politiche fiscali dopo che quelle monetarie si sono insabbiate nei tassi negativi dilaganti. Mario Draghi non vi parteciperà, così la Yellen avrà spazio per chiarire forse un po’ meglio come l’avvicinamento ai target della banca centrale produrrà il rialzo dei tassi e quando, cioè se in settembre o a dicembre. In fondo le probabilità di un rialzo nel 2016 sono ancora al 50%!
Nel frattempo il Governatore della Banca Centrale giapponese ha promesso “maggiore trasparenza” preparando il mercato a un dialogo più sereno e concreto che eviti l’attesa di annunci sorprendenti. Insomma ci prepariamo a un autunno interessante, compreso il referendum “costituzionale” italiano che metterà a dura prova i nervi degli investitori. In Europa vivremo una volatilità di fondo (una costante dell’ultimo biennio), perplessi dai rischi politici e dall’inefficienza dei governi sulle riforme strutturali. Per la serie: l’Europa si fa con i fatti, non con i proclami…