Umori mutevoli in questo mese di Maggio appena terminato e che ha visto la volatilità distribuirsi trasversalmente su tutti i segmenti e così si son visti correggere contemporaneamente azioni, obbligazioni e titoli governativi. Lo spread del BTP sul Bund si è rimangiato il rally di Marzo e Aprile in un soffio pur mantenendo l’obiettivo di fine anno, già rivisto, a 100 bp Da valutarsi invece l’allargamento rispetto ai titoli spagnoli da 9 a 16 bp frutto perlopiù delle lotte interne politiche italiane nel periodo di impazzi da elezioni europee.
Le preoccupazioni geopolitiche sulla questione ucraina che avevano monopolizzato il mese di Aprile e le prime settimane di Maggio han visto una ripresa del rublo e degli assets russi nonché ad un intensificarsi delle relazioni tra la stessa Russia e Iran, Iraq, Afghanistan e Cina. Aver ottenuto la Crimea in prima battuta per la Russia vuol dire aver triplicato l’area marittima di influenza e di conseguenza l’accesso a risorse energetiche offshore quantificabile in un triliardo di dollari usa da stime di settore.
Gli analisti spostano il focus del rischio politico sul fronte africano/maghrebino con il golpe libico e il rafforzamento dei militari in Egitto nonché’ la reazione “tardiva” di alcuni dei Paesi della ricca area subsahariana unito in un fronte militare di repressione anti Jihad e anti Boko Haram, in testa Nigeria e Cameroon.
D’altro canto gli Usa non escono benissimo da un mese nel quale certamente sull’Ucraina hanno potuto spingere solo fino a un certo punto sull’accelerazione delle sanzioni anti Russia, in versione “vendicativa” sul caso Snowden, e soprattutto il non venire a patti con le promesse fatte ai Paesi emergenti sul loro ruolo nell’FMI ha fatto reagire i BRICS con la finalizzazione di un ente sostitutivo dello stesso Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale (WB), dominati da Usa e UE. E così anche il risultato delle elezioni in India fanno da ulteriore catalizzatore per la ripresa dei flussi in maniera più decisa verso Paesi Emergenti Latam e asiatici su valute e obbligazioni in primis.
Esulando da ogni parallelismo e dietrologia tra il risultato dei nazionalisti del nuovo Leader indiano Modi e le prossime elezioni europee, con tutte le paure su un’affermazione importante degli euroscettici, che i flussi abbiano trovato altri lidi alternativi ai periferici europei è un dato di fatto. I dati del PIL europeo penalizzano non solo l’Italia ma anche la Francia e molti altri e in Spagna anche le esportazioni si contraggono, quindi solo un ulteriore mossa delle BCE potrà sbloccare una nuova ondata di investimenti nei mercati finanziari europei, fermi restando le attività di M&A e di private equity che vedono sempre attivi e senza soste acquirenti del Golfo e cinesi su asset strategici europei dalle banche alle vie di comunicazione. Per conseguenza l’euro e’ venduto con obiettivo 1.33, soprattutto da asset managers e hedge funds mentre il dollaro Usa sui dati non proprio soddisfacenti quando viene venduto son i clienti privati i maggiori attori.
Stante una situazione nella quale le economie dei periferici UE come la stessa Francia, in difficoltà dopo gli ultimi dati macro, potranno beneficiare ulteriormente di un programma di quantitative easing della BCE, che favorirà altresì un calo dell’euro c’è un Paese tra i “vecchi PIIGS “che continua a distinguersi. Infatti l’Irlanda ha visto un intervento della casa di rating Moody’s che ha incrementato di ben due gradini il rating da Baa3 a Baa1 con outlook stabile, superando Spagna e Italia ferme a Baa2. E’ stato premiato l’impegno di Governo a ridurre il deficit al target del 5% per quest’anno e più in generale le misure di contenimento del debito, che comunque resta elevato al 120%. Il recupero del mercato immobiliare poi ha favorito un miglioramento del profilo e delle vendite degli asset incagliati nei bilanci bancari e confluiti in NAMA, National Asset Management Agency al picco della crisi. Il decennale irlandese si posiziona così a 137 bp sul Bund con un rendimento del 2.71% rispetto ai 185 bp dell’Italia.
Osservando le modalità con le quali l’Irlanda è uscita dalla crisi pur con un debito notevole vi sarebbero alcune serie riflessioni da farsi, prima fra tutte ovviamente quella sulla corporate tax al 12.5%. Tanto che UK ha abbassato la stessa tassazione al 20% valutando “Fiscal Box” ovvero pacchetti dedicati e fatti a misura delle esigenze delle multinazionali per arginare la concorrenza irlandese prima , e scozzese ora. Misure queste che in passato han fatto la fortuna dei mercati emergenti per attrarre flussi di investimento e che poi son state applicate da alcuni stati europei più arretrati.
In un’accesa competizione tra UE e Usa, con una crescita ancora insoddisfacente per i Paesi europei le attività di M&A, le decisioni della BCE e una selezione attenta sul comparto azionario favoriranno nuove performance dei portafogli, sperando certamente nel buon esito degli utili per le trimestrali della seconda metà dell’anno. Ma se non si riuscirà a guardare oltre gli esiti delle elezioni europee con un po’ di sano realismo e senza fare passi indietro sul piano delle riforme saranno tempi duri per i periferici che sin d’ora hanno ricevuto sostegno e supporto in termini di flussi di investimento da investitori asiatici e mediorientali praticamente a occhi chiusi. Ma a occhi chiusi di questi tempi …si balla solo il tango.