Upi, l’arma segreta della supremazia digitale Indiana

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Claudia Segre

Autrice, speaker, e presidente della Global Thinking Foundation

di Claudia Segre

HUFFPOST – L’ANGOLO DEI BLOGGER. Dalla geopolitica del petrolio alla sovranità dei pagamenti

18 Dicembre 2025

Negli ultimi anni l’India ha saputo giocare una partita geopolitica estremamente sofisticata, mantenendo un equilibrio pragmatico tra Occidente e Russia. Dopo l’invasione dell’Ucraina, Nuova Delhi ha incrementato in modo significativo le importazioni di petrolio russo a prezzi scontati, rafforzando una relazione energetica che affonda le radici nella Guerra Fredda. Ma sarebbe riduttivo leggere il rapporto tra India e Russia solo attraverso la lente delle materie prime. Accanto al petrolio, cresce infatti una cooperazione più silenziosa ma strategica su IT, cybersecurity, infrastrutture digitali e sistemi di pagamento, ambiti cruciali in un mondo sempre più segnato da sanzioni, frammentazione finanziaria e ricerca di autonomia tecnologica.

È in questo contesto che va compreso il successo di UPI – Unified Payments Interface – non solo come caso fintech, ma come vero strumento di sovranità economica e digitale. Lanciato nel 2016 e regolato dalla Reserve Bank of India, UPI è oggi la spina dorsale dei pagamenti digitali indiani, un’infrastruttura pubblica che consente trasferimenti istantanei tra persone e verso esercenti attraverso un semplice identificativo digitale, senza costi per utenti e commercianti. Ma soprattutto è diventato il leader mondiale nell’elaborazione dei pagamenti in tempo reale, con 640 milioni di transazioni gestate al giorno, rispetto ai 639 milioni di Visa.

Il modello UPI, per il quale stiamo assistendo ora ad un’estensione globale ben organizzata, si fonda su alcuni elementi chiave che ne spiegano la scalabilità: interoperabilità totale tra banche e applicazioni, semplicità d’uso basata su QR code e PIN, integrazione con l’ecosistema digitale pubblico indiano e una logica di bene pubblico digitale più che di prodotto commerciale. Oggi centinaia di banche sono attive sulla piattaforma e milioni di piccoli esercenti – dai negozi di quartiere ai grandi marketplace online – utilizzano UPI come standard quotidiano di pagamento.

I numeri raccontano meglio di qualsiasi slogan la portata del fenomeno. Nell’ottobre 2025, UPI ha registrato oltre 20,7 miliardi di transazioni mensili per un valore superiore ai 325 mld di dollari usa, con una crescita significativa su base annua. Su base giornaliera, il sistema gestisce centinaia di milioni di operazioni, diventando una delle più grandi infrastrutture di pagamenti istantanei al mondo. Non si tratta più di una tecnologia emergente, ma di una piattaforma di massa, paragonabile per diffusione e impatto alle grandi reti infrastrutturali del Novecento.

Un aspetto particolarmente rilevante è la diffusione territoriale di UPI. I dati mostrano una forte adozione negli Stati del Sud e dell’Ovest dell’India, dove l’ecosistema fintech è più sviluppato e l’intensità d’uso pro capite elevata. Allo stesso tempo, colpisce la capacità di penetrazione in Stati con enorme peso demografico, dove UPI agisce come leva di inclusione finanziaria attraverso micropagamenti quotidiani e trasferimenti tra individui. Questa doppia natura – strumento di innovazione avanzata e infrastruttura di massa – rappresenta uno dei principali punti di forza del modello indiano.

Non mancano tuttavia criticità strutturali. La scala raggiunta pone sfide tecnologiche legate alla saturazione dei sistemi nei momenti di picco, mentre l’aumento delle frodi digitali richiede continui investimenti in sicurezza e alfabetizzazione finanziaria. A ciò si aggiungono interrogativi sul modello economico, basato sulla gratuità, che esercita pressione su banche e operatori tecnologici, e sul tema della governance e della protezione dei dati in un sistema così centrale per la vita economica del Paese.

Eppure, proprio la capacità di affrontare questi nodi attraverso interventi regolatori progressivi dimostra la maturità del percorso intrapreso. UPI non è un progetto statico, ma un’infrastruttura in evoluzione, pensata per integrarsi con nuovi servizi come i pagamenti ricorrenti, il credito digitale e l’interoperabilità internazionale.

La chiave di lettura finale è strategica e geopolitica. Con UPI l’India non ha semplicemente digitalizzato i pagamenti, ma ha costruito un’infrastruttura pubblica esportabile, già accettata o interoperabile in diversi Paesi. In un contesto globale sempre più frammentato, in cui i sistemi di pagamento tradizionali diventano strumenti di potere geopolitico, UPI emerge come asset di soft power e simbolo di una sovranità digitale pragmatica.

Dal petrolio russo alle piattaforme di pagamento, l’India sta ridefinendo il proprio posizionamento globale con una logica coerente: rafforzare autonomia, resilienza e capacità di influenza. UPI ne è una delle espressioni più riuscite, dimostrando che il digitale, se concepito come infrastruttura pubblica e non come rendita privata, può diventare una leva decisiva di sviluppo, inclusione e potere strategico.

https://www.huffingtonpost.it/blog/2025/12/18/news/upi_larma_segreta_della_supremazia_digitale_indiana-20777929/

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