Partenza d’anno col botto negli USA dove il Dow Jones tocca quota 26000 punti per la prima volta nella sua storia, dopo un dato forte dell’ISM manifatturiero sulla produzione, ai massimi dal dicembre 2010. Un dato che ha trascinato gli investimenti azionari sulle aspettative di ottime trimestrali ed effetti benefici dalla riforma fiscale di Trump.
Le azioni mantengono dunque una posizione dominante nei portafogli e riportano sullo sfondo le speculazioni sulle criptovalute. Si torna cioè a scommettere su un ciclo economico globale forte, che si sviluppa a livello planetario, con sullo sfondo le maggiori Banche Centrali non troppo lontane da un processo di normalizzazione dei tassi.
Non a caso le recenti dichiarazioni di diversi membri considerati “falchi” del Board della BCE, spingono per un termine anticipato del QE a settembre. Da canto suo Draghi non pare intenda sbilanciarsi in vista del prossimo meeting del 25, soprattutto con una Grande Coalizione in arrivo (pare) in Germania e con il Bund sotto pressione.
Di sicuro la variabile politica appare in sordina anche per l’Italia che insieme ai periferici europei continua a rafforzarsi con quotazioni azionarie in trend positivo, all’8% dall’inizio dell’anno.
Al fianco degli azionari riprendono vigore le strategie di inizio anno sulle commodities, accantonate dopo il pantano dei minimi seguiti alla fine del cosiddetto “Super-Cycle” iniziato nel 2000 e naufragato nel 2016.
Per le materie prime il 2017 è stato un anno deludente. Ora però il CRB Index, il principale indice sulle commodities, appare trainato dal petrolio approdato a ridosso dei 70 dollari. In particolare il Brent cerca una riscossa visto che (come ricordano Fitch ed El-Erian dalle pagine del Financial Times), USA, Europa, Giappone e Cina danno forti segnali di crescita sui fondamentali.
Un fatto che si traduce nell’attesa di un aumento delle richieste di barili per supportare gli attuali livelli. Parallelamente si vede un interesse di alcune Banche Centrali (Cina, Russia e Turchia) a supportare i livelli di riserve in oro, a scapito di un eccessiva esposizione sui Treasuries americani.
Il differenziale delle curve di tasso tra Europa e USA alimenta un’onda anomala che indebolisce il dollaro Usa, mentre le future decisioni della BCE restano il punto nodale che condiziona i volumi sul cross EUR-USD.
Per trovare la forza di rompere un valore al di sopra di 1,23 sarà probabilmente necessario un ritracciamento a 1,205 almeno, per capire se i fondi europei real money rimarranno stabilmente lunghi per un balzo sino a 1,25 che metterebbe sotto pressione la BCE e gli obiettivi di inflazione.
I metalli industriali saranno la scommessa più grande nel settore delle commodities, anche grazie alle opportunità di ETF sempre più efficienti, rispetto al petrolio sui massimi di periodo, e sul quale l’incremento della produzione in Canada e negli Usa grazie allo shale oil e affini frenerà la corsa.
L’esempio di un Giappone che in uscita dal QE vede i mercati azionari mantenersi ai massimi da 26 anni crea l’illusione di un semestre brillante per gli investimenti azionari che difficilmente verrà smentita e spinge sull’acceleratore di un ritorno alle scommesse sull’economia reale, decisamente vincenti sulle criptovalute, ormai ridimensionate a fenomeno passeggero e perdente anche da chi sembrava difenderle a spada tratta come il pentito Dimon di JP Morgan.