Il gatto che si morde la coda. Senza competenze, la digitalizzazione non andrà in porto

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Claudia Segre

Autrice, speaker, e presidente della Global Thinking Foundation

di Claudia Segre

07 Novembre 2025 alle 16:53

https://www.huffingtonpost.it/blog/2025/11/07/news/il_gatto_che_si_morde_la_coda__digitalizzazione_che_fallisce_senza_competenze-20469851/

La digitalizzazione può ridurre le disuguaglianze, migliorare l’inclusione e la gestione del tempo per cittadini e imprese, ma in Italia le risorse profuse non vanno alla radice del problema. Guardiamo all’Estonia, dove un neonato riceve automaticamente il codice fiscale, la madre i sussidi, il medico la cartella sanitaria aggiornata. Tutto online, ed in pochi minuti.

Tutti pronti a esaltarci della nostra quotidianità “ONLIFE”, ma i numeri restano spietati se pensiamo che il 90% degli italiani sono connessi, ma solo il 46% tra i 16 e 74 anni possiede competenze digitali di base. Non basta: secondo Openpolis anche la fascia “più promettente” – quella tra i 16 ed i 29 anni – arriva a un 58,5%, ben distante dal 70,7% della media europea. Secondo l’EIGE, poi, in Italia le donne sono meno presenti nei livelli di competenze digitali (quali problem-solving algoritmico/software) rispetto agli uomini e, inoltre, si registra non solo un ritardo complessivo nelle competenze digitali, ma si evidenzia anche un differenziale di genere, che si lega alla partecipazione lavorativa femminile ancora ferma al 54%.

Se non ci sono dubbi che la digitalizzazione possa ridurre le disuguaglianze, migliorare l’inclusione e la gestione del tempo per cittadini e imprese, il dubbio è che le risorse profuse nella digitalizzazione della Pubblica Amministrazione possano fare poco, se non si va alla radice del problema.

Guardiamo all’Estonia, dove un neonato riceve automaticamente il codice fiscale, la madre i sussidi, il medico la cartella sanitaria aggiornata. Tutto online, ed in pochi minuti. È l’evidenza di un modello in cui la tecnologia non è fine a sé stessa, ma uno strumento di benessere sociale e competitività economica. Dal 2025 tutti i servizi pubblici estoni sono digitali al 100%, con un sistema basato su un’identità elettronica robusta e sull’interoperabilità tra le amministrazioni. Ma certamente si tratta di un paese dalle dimensioni contenute.

L’Italia, con il PNRR e l’ID digitale, ha avviato un percorso simile, ma la sfida resta nella governance dei dati e nella fiducia dei cittadini. Ogni documento non più cartaceo, ogni dato che non deve essere reinserito, sono tempo e denaro risparmiati. L’Estonia calcola un beneficio equivalente a 1.400 anni di uomo: meno burocrazia, più produttività. La semplicità dei servizi pubblici digitali ha creato un ecosistema fertile per le startup, le PMI e l’innovazione sociale. Una PA efficiente quindi genera fiducia e le persone si sentono tutelate, possono agire senza ostacoli burocratici, aumenta la partecipazione al mercato del lavoro, migliora la qualità dei servizi sanitari, si migliora la gestione del tempo e cresce la qualità della vita vissuta e non solo percepita. E se abbiamo fatto passi importanti con SPID, CIE e PagoPA, ma anche qualche passo indietro, resta la frammentazione dei registri e la mancanza di interoperabilità tra gli enti che frenano la piena trasformazione.

L’esempio più chiaro dei risultati che si possono raggiungere è sotto gli occhi di tutti con Poste Italiane che fornisce una SuperAPP integrata, tra App PostePay, App BancoPosta ed App Ufficio Postale, che è tra i fornitori dello SPID, e così raggiunge oltre 40 milioni di italiani e gestisce efficientemente 25 milioni di contatti giornalieri avendo costruito un vero e proprio ecosistema integrato di servizi: finanziari, postali, assicurativi, energia, e telecomunicazioni. E d’altronde l’Europa stessa, con la nuova identità digitale europea (EUDI Wallet), punta a un’unione digitale dei servizi pubblici, ma anche qui, senza un quadro di governance comune, il rischio è di restare a metà strada. La digitalizzazione funziona solo se il/la cittadino/a può interagire con lo Stato come con una singola entità — non con mille sportelli diversi che non dialogano tra loro.

L’automazione libera energie, ma la vera innovazione deve essere prima di tutto culturale. Serve una formazione continua per i dipendenti pubblici, programmi di inclusione digitale per anziani, lavoratori e lavoratrici, famiglie vulnerabili e aree rurali. La digitalizzazione, se equa, diventa un diritto di cittadinanza: consente a tutti di accedere a opportunità e servizi senza discriminazioni. La lezione dell’Estonia è chiara: la digitalizzazione è una politica sociale oltre che economica. Quando lo Stato diventa proattivo — anticipando i bisogni del cittadino — si crea una nuova relazione di fiducia. E l’esempio delle Poste Italiane deve portarci a scelte di economizzazione degli sforzi strutturali, magari creando un dialogo compiuto e lungimirante. Qualsiasi spinta strutturale sarà efficace se la popolazione sarà pronta ad accoglierne le peculiarità. Un’Italia digitale deve prendersi cura dei cittadini con servizi trasparenti, accessibili e sicuri che migliorino la qualità della vita quotidiana; solo così avrà un effetto virtuoso sul benessere economico del Paese e la tecnologia diventerà un’alleata del progresso inclusivo.
 

Alcuni dati sulle competenze digitali di base

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