Claudia Segre: Oltre il retaggio

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Claudia Segre

Autrice, speaker, e presidente della Global Thinking Foundation

Di Redazione Il Corriere Nazionale Del 1 Ottobre 2025 alle ore 11:46

C’è una missione che parte da sotto pelle e accarezza l’anima. Una donna, rimasta sola con tre figli piccoli, trasmette alla figlia una grande passione per la finanza. E quella giovane donna torinese, quando comincia a esplorare il mondo economico, scopre anche grazie al confronto con altri Paesi quanto sia importante l’equilibrio.

Capisce che fornire strumenti concreti alle donne, ai giovani e a chiunque voglia comprendere il significato dell’economia è fondamentale. Perché conoscere vuol dire potersi tutelare.

In una parola sola: prevenzione. Perché agire d’anticipo ti salva. Non bisogna aspettare che l’acqua arrivi alla gola. Essere una donna preparata significa essere autonoma economicamente, e quindi un valido supporto in famiglia, sempre. Possiamo essere quel cambiamento che vogliamo vedere nel mondo, se impariamo a interpretare ciò che è a nostro favore.

È così che nasce Global Thinking Foundation. Quando Claudia Segre ci ha messo sé stessa e un pezzetto d’anima.

 Quando è nata in lei l’intenzione di proteggere le donne, in particolare nel contesto della violenza economica?

 Ho iniziato ad occuparmi di donne e violenza economica partendo dal mio lavoro nella finanza internazionale, dove ho partecipato a tavoli sulle politiche femminili. Parallelamente, nel volontariato, mi sono dedicata all’educazione finanziaria per giovani e donne, promuovendo inclusione e consapevolezza. Dopo la Convenzione di Istanbul, ho deciso di impegnarmi in modo più strutturato: prima di fondare l’associazione nel 2016, abbiamo avviato borse di studio per analizzare il benessere economico, scoprendo quanto la conoscenza possa cambiare la vita. Da lì è nato il mio impegno sociale.

Ci può raccontare com’è nata la Fondazione Global Thinking e quali sono oggi le sue principali attività e obiettivi?

Ho fondato la Global Thinking Foundation per trasformare la mia esperienza nella finanza in un impegno concreto a favore dell’educazione finanziaria e della prevenzione della violenza economica. Offriamo strumenti digitali gratuiti, corsi nelle scuole, sportelli di ascolto con esperti e attività creative. Siamo l’unica fondazione privata con uno statuto dedicato a questo tema, perché credo profondamente che la consapevolezza economica possa salvare vite e restituire autonomia.

Le è mai capitato di incontrare donne che desideravano raggiungere la propria autonomia economica, ma che faticavano a liberarsi dalla dipendenza finanziaria del partner?

 Sì, mi è capitato di incontrare molte donne che aspirano all’autonomia economica ma faticano a liberarsi dalla dipendenza finanziaria del partner. Ricordo in particolare una signora che ha frequentato i nostri corsi: aveva sempre accudito i figli, possedeva competenze, ma non aveva mai avuto un curriculum. Dopo la separazione, si è ritrovata con spese elevate e senza strumenti per rientrare nel mondo del lavoro, nonostante la sua grande volontà. È proprio questo il punto: bisogna agire prima, costruire percorsi che permettano alle donne di conquistare autonomia economica prima di trovarsi in difficoltà.

Quali strumenti ritiene fondamentali per aiutare una donna a liberarsi dalla dipendenza economica all’interno del contesto familiare? 

Per aiutare una donna credo profondamente che la chiave sia la prevenzione. Bisogna arrivare prima che si manifestino le difficoltà, prima che la situazione diventi insostenibile. È per questo che, con la mia Fondazione, lavoriamo per creare uno spirito di intraprendenza, affinché ogni donna possa costruire la propria autonomia economica con consapevolezza e strumenti concreti. Quando una donna acquisisce competenze, riconosce i segnali della violenza economica e sa come gestire le proprie risorse, può davvero cambiare la propria vita. Abbiamo sviluppato piattaforme digitali gratuite, corsi di formazione, sportelli di ascolto con esperti, e percorsi di reinclusione lavorativa. Ma soprattutto, cerchiamo di far capire che l’indipendenza economica non è solo una questione di reddito: è una forma di libertà

Ci sono segnali o comportamenti ricorrenti che possono aiutare a riconoscere una situazione di dipendenza economica all’interno della famiglia, soprattutto quando una persona detiene il controllo esclusivo delle risorse finanziarie?  

Sì, ci sono segnali chiari che indicano una dipendenza economica all’interno della famiglia, e spesso si manifestano in modo graduale: il partner prende decisioni finanziarie importanti da solo, limita l’accesso al denaro e impone condizioni economiche che riducono la libertà dell’altro. In alcuni casi, le donne vengono persino indotte a firmare garanzie senza piena consapevolezza, compromettendo la propria autonomia.

Un esempio emblematico riguarda il passaggio generazionale nelle attività imprenditoriali, dove si privilegia ancora la linea maschile, escludendo le figlie. È un retaggio culturale che continua a perpetuare disuguaglianze e che spesso non viene riconosciuto nemmeno dalle famiglie, anche nei casi più gravi di violenza.

Quanto pesa ancora oggi il patriarcato nella costruzione di dinamiche familiari che ostacolano l’autonomia economica delle donne?

 Potremmo dire che il patriarcato, formalmente, ha iniziato a sgretolarsi con la riforma del diritto di famiglia. Ma il retaggio culturale patriarcale è ancora molto presente e continua a influenzare le dinamiche familiari, soprattutto quando si parla di autonomia economica delle donne. La condivisione delle responsabilità tra uomini e donne ha fatto passi avanti, certo: se 50 anni fa solo il 3% degli uomini cambiava un pannolino, oggi siamo intorno al 60%. Ma non basta.

Le donne continuano a portare sulle spalle un carico familiare maggiore, che spesso si traduce in rinunce professionali, minore disponibilità economica e difficoltà nel costruire un percorso di indipendenza.

C’è stato un episodio che l’ha profondamente commossa e le ha fatto pensare: “È proprio per questo motivo che faccio questo lavoro”? 

Sì, un momento molto profondo. Una donna si è rivolta a noi dopo essersi ritrovata coinvolta in una situazione finanziaria molto delicata: aveva firmato, senza piena consapevolezza, una garanzia che il marito aveva utilizzato per ipotecare la casa di famiglia. In più, stava affrontando una grave malattia.

L’abbiamo accompagnata passo dopo passo, sostenendola sia dal punto di vista legale che umano. Ricordo il momento in cui ci ha ringraziato, dicendo che, davanti ai suoi figli, era riuscita a rialzare la testa e a riscattarsi. Quel percorso condiviso le ha restituito dignità, forza e consapevolezza. Qualche anno dopo, sua figlia è venuta a fare un’esperienza con noi. È stato un cerchio che si è chiuso con bellezza, e che mi ha confermato quanto questo impegno possa davvero cambiare vite.

 Lei è una fonte di energia continua. Dove trova tutta questa ispirazione e forza per portare avanti il suo impegno sociale con tanta determinazione?

 La mia forza e ispirazione nascono da un esempio familiare potente: mia madre. Rimasta vedova con tre figli piccoli, ha affrontato tutto con una determinazione straordinaria, immergendosi persino nel mondo della finanza. Io, che da bambina ero piuttosto irrequieta e un po’ difficile da gestire in quanto molto energica , ho osservato quella forza e ne ho fatto tesoro. È stata un’eredità preziosa.

Sono cresciuta in un contesto dove si lavorava presto, e ricordo perfettamente quando i grafici di borsa si tracciavano ancora a mano. Ho vissuto in prima persona il passaggio dall’analogico al digitale, fino ad arrivare alle criptovalute. Questo percorso, fatto di trasformazioni continue, mi ha sempre stimolata. È proprio da lì che nasce la mia energia: dalla volontà di restituire, di costruire qualcosa che abbia un impatto reale, e di accompagnare il cambiamento con consapevolezza e passione.

  C’è un sogno che custodisce nel cuore e che spera un giorno di vedere realizzato grazie al suo impegno?

 Sì, c’è un sogno che custodisco profondamente: vedere riconosciuti come reati, all’interno del codice penale, tutte le forme di violenza previste dalla Convenzione di Istanbul ,  economica, psicologica, sessuale e fisica. Solo quando questo accadrà, sentirò di poter andare in pensione con la consapevolezza di aver portato a termine il mio impegno. È il mio punto d’arrivo, il traguardo che dà senso a tutto il lavoro che faccio ogni giorno.

Secondo lei, quali sono i principali vuoti normativi in Italia che ostacolano la piena tutela delle donne sul piano economico e sociale?

Abbiamo fatto molti passi avanti, anche con il Disegno di Legge Roccella, che introduce misure importanti come il braccialetto elettronico e il distanziamento minimo. Ma secondo me manca ancora qualcosa di fondamentale: la tipizzazione dei reati di violenza contro le donne, in particolare quella economica e psicologica. Finché queste forme di abuso non saranno riconosciute nel codice penale, la tutela resterà parziale.

Luisa Muttin 

https://www.corrierenazionale.net/2025/10/01/claudia-segre-oltre-il-retaggio/

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